BASTA AI
SINDACATI GIURASSICI
Emblematico fu il caso dell’ex leader della Cisl D’Antoni che finì dentro la vicenda di Affittopoli per quel suo modesto “monolocale ” di 219 mq ai Parioli, con due vasche idromassaggio, per 1 milione e poco più di lire al mese. Era il 1995, ma da allora non è cambiato niente. I sindacati si sono trasformati in gigantesche società di servizi alimentate da un sistema di autofinanziamento infallibile, al cospetto del quale impallidiscono anche i partiti. Per garantirsi i loro privilegi, i sindacalisti hanno colonizzato ogni settore e ogni categoria, succhiando oboli da tutti.
I sindacati
confereali godono oltretutto di una «immunità» che li dispensa dall’obbligo di rendere pubblici
i loro bilanci. Non si sa nemmeno con certezza quanti iscritti abbiano.
Cambiano idea i loro stessi leader. Quando contrattano col governo dicono di
rappresentare 11 milioni e 731 mila lavoratori. Ma quando devono versare i
contributi alla Confédération Européenne des Syndicats gli iscritti diventano
magicamente 7 milioni e mezzo. In Parlamento c’è un’azione di una lobby
continua soprattutto nei corridoi che ha prodotto una sfilza infinita di
leggine ad hoc e regolamenti, spesso approvati con maggioranze bulgare. Più di
una volta in zona cesarini, proprio nelle ultime battute delle legislature. Con
un denominatore comune: quello di introdurre o consolidare un privilegio in
grado di arricchire il business sindacale, a colpi di situazioni
monopolistiche, esenzioni fiscali, vere e proprie regalie e accordi ai confini
della legalità. Il risultato è che oggi siamo diventati una
gigantesca macchina da soldi. Se c’è un problema dei costi della politica a
maggior ragione il discorso vale per il sindacato, anche perché i partiti uno
straccio di bilancio lo presentano loro no. I forzieri dei tre porcellini sono
gonfi di soldi fatti con la grande truffa delle tessere . Pare che sia un
miliardo, la cifra che aziende ed enti previdenziali versano ogni anno a Cgil,
Cisl e Uil trattenendola da stipendi e pensioni degli iscritti, che spesso,
magari senza saperlo, continuano a pagare per molti mesi anche dopo aver
ritirato la loro delega al sindacato. Una montagna di soldi che il sindacato
non deve neanche fare la fatica di raccoglierla . Poi vi è la manna dei
patronati ovvero la miniera d’oro dei Caf. I centri di assistenza fiscale dei
sindacati hanno milioni di clienti. Così incassano una montagna di soldi,
contributi pubblici, tutti esentasse. E intanto reclutano nuovi iscritti, con
il sistema condannato dalla corte di giustizia europea e difeso con le unghie
da Cgil Cisl e Uil. I Caf sono uno dei salvadenai più ricchi dei sindacati
italiani, che infatti difendono con le unghie e i denti ai tre patronati
(Inca-Cgil, Inas-Cisl, Ital-Uil) l’erario ha sborsato 186 milioni di euro:
devoluti in proporzione ai tre sindacati. Si tratta di un bottino vero e
proprio che fa gola a chiunque, se si tiene conto che i loro introiti non si sa
perché non sono tassati. Professionisti privilegiati. Per molti burocrati del
sindacato la vecchiaia si presenta serena. Grazie a un regalo dell’amico Treu
riceveranno infatti un assegno doppio. E ben 23 mila di loro hanno potuto
riscattare, senza controlli, presunti periodi di lavoro in nero.1154 sono i
fortunati italiani quasi tutti pezzi grossi del sindacato che possono godere
della doppia pensione. Grazie a una legge la 564 del 1996, firmata da Tiziano
Treu, ex ministro del lavoro in quota Cisl. E’ stata inventata così la figura
del sindacalista bipensionato esteso anche ai sindacalisti distaccati. Chi fa
il lavoro di sindacalista sembra a vederlo logorato dal lavoro. D’altronde,
poveretti, c’è chi ha cominciato nel sindacato già a 14 anni, come giura di
aver fatto l’ex segretario aggiunto Cgil Ottaviano del Turco. In buona
compagnia, per la verità. Perchè quando nel 1974 passò la cosiddetta legge
Mosca, che riconosceva i contributi pensionistici a chi avesse prestato la propria
opera in nero nel dopoguerra, di sindacalisti in tenera età ne spuntarono come
funghi. All’Inps arrivarono 19 mila e 500 domande, poi altre 6 mila. Il governo
rispose prorogando la scadenza di legge, e bastò per farne piovere
sull’Istituto di previdenza altre 15mila domande. Alla fine si scoprì che
c’erano 40mila e 500 ex sindacalisti da mettere in regola. Tra di loro, manco a
dirlo, tutti i pezzi da novanta del sindacato. Oltre a Del Turco, gli ex Cisl
Franco Marini, Sergio D’Antoni e Bruno Trentin, Fausto Bertinotti (ex Cgil) e
Pietro Larizza (Uil). Anche dalle nostre parte abbiamo una sfilza
interminabile di sindacalisti che molto spesso hanno camminato a braccetto con
la politica , svendendo i diritti dei lavoratori sul piano del raggiungimento e
del soddisfacimento di esigenze personali. Certo non bisogna generalizzare , ci
sono molti sindacalisti bravi, seri e che fanno i veri interessi dei lavoratori
, ma ci sono anche alcuni “bacchettoni” che magari hanno ottenuto
promozioni o vergognosi e facili passaggi da un ente locale ad un altro.
Gente che da un lato finge di difendere i lavoratori vendendo cara la pelle ai
politici di turno dall’altro poi chiedono agli stessi di pagare il conto, come
avvenuto in passato con assunzioni , avanzamenti di carriera e privilegi
vari . Così ci ritroviamo il sindacalista “bacchettone” che magari contesta
ad esempio talune mobilità poste in essere da un ente (che a dir suo
hanno sbarrato la strada ai precari) e sottace su quelle fatte in un
altro ente , magari dove il beneficiario di quelle mobilità
sottaciute era proprio lui. Insomma falsi moralisti travestiti da
moralizzatori. Che schifo !
SLAI COBAS
via Domenico Pacchi 4 Castelnuovo Garfagnana
(LU) 55032tel/fax 0583.1893804
e-mail: slaicobasclaplucca@libero. http://slaicobastoscana.blogspot.it/
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